#Interviste
Un’azienda senza fabbrica che fa del prodotto il suo core business e fa di tutto per valorizzarlo al meglio. Come? La strategia è semplice: comunicando al mondo dove, come e da chi viene realizzato, valorizzando le risorse interne ed esterne all’azienda. Al MARKETERs MakeIT in Italy ne abbiamo parlato con Carlo Urbinati, presidente di Foscarini, che ci ha raccontato l’esperienza di un’azienda che quotidianamente tramanda le maestrie del saper fare italiano.
D. Foscarini è una delle tante aziende italiane apprezzate nel mondo per la bellezza e la qualità dei suoi prodotti. Dietro questo successo c’è naturalmente una strategia di marketing e un lavoro di immagine per comunicare le qualità del brand anche all’estero. Qual è stato il vostro metodo?
R. La nostra azienda è molto centrata sul prodotto, quindi il nostro compito è fare in modo che esprima al meglio la sua forza. Cerchiamo di proporre sempre una lettura globale dei nostri prodotti, con un taglio orientato a sostenerne la vendita e a spiegarne le infinite potenzialità. Oltre agli strumenti tradizionali abbiamo integrato una forte presenza sui canali digitali, proponendoci come un brand in grado di creare contenuti originali e fuori dagli schemi. L’obiettivo della nostra comunicazione in ogni caso è sempre quello di trasferire il pregio, se non il prestigio, di avere qualcosa che viene fatto a mano, tutti i giorni.
D. Nel comunicare la vostra mission e la vostra etica aziendale, quanto è importante l’apporto che può dare il capitale umano alle vostre idee e che ruolo ricopre la componente emotiva nel vostro storytelling?
R. Il nostro capitale umano è composto sia da chi crea i nostri prodotti, ma anche da chi ci sostiene dall’esterno, come il designer Rodolfo Dordoni. Abbiamo realizzato dei video che raccontano il lavoro quotidiano degli artigiani, presentandoli in giro per il mondo, e questo ha naturalmente lanciato un messaggio importante: “Stiamo portando il vostro lavoro in giro per il mondo, giochiamo insieme!”. Noi abbiamo ritenuto giusto e doveroso valorizzare il prodotto finale attraverso la valorizzazione di chi lo produce e come lo fa, indipendentemente dal fatto che questo mettesse noi nella condizione di dire “Sono loro a produrlo fisicamente, non noi”.
D. Nel vostro lavoro tradizione e innovazione trovano un equilibrio sorprendente. Nel vostro caso, a quali aspetti della tradizione siete più legati e quali tecnologie impiegate per custodirle senza rinunciare all’aspetto innovativo?
R. Io credo che bisogna a prescindere essere sicuri che si sta guidando il processo. L’importante è non farsi portare dalla tecnologia, che è semplicemente un mezzo per un fine già stabilito. Se la capacità tecnologica riesce in qualche modo a preservare la tradizione, ben venga. La tecnologia è disponibile a tutti, sta a noi capire come metterla a servizio dei nostri obiettivi.
D. Come ritrova utile dividere le percentuali di investimento tra digitale e cartaceo?
R. Tutto quello che è promozione e comunicazione in senso lato è digitale. Poi ovviamente continuiamo a stampare tanti “alberi” di cataloghi, perché continuano ad essere richiesti e necessari. A noi la carta stampata (di qualità) piace: basta considerare “Inventario”, un nostro prodotto editoriale che ha vinto il Compasso d’Oro non solo per il progetto editoriale, ma anche per la sua veste grafica e per la qualità della stampa.
D. Quanto tempo dedicate in media alla formazione e allo sviluppo del capitale umano interno all’azienda?
R. Facciamo formazione, se vogliamo, anche su persone che non sono dell’azienda, come nel caso dei nostri artigiani. Con loro, per esempio, organizziamo e condividiamo spesso momenti aziendali in cui loro stessi hanno avuto un ruolo importante: anche questi io le considererei occasioni formative. Verso l’interno, credo che ognuno di noi debba essere ben consapevole di dove sta operando e di quali risultati si stanno ottenendo, e quindi deve essere in grado di “sapere”. Questo può naturalmente essere possibile solo grazie a interventi mirati, che noi organizziamo costantemente per conoscere noi stessi in relazione all’evolversi del panorama in cui operiamo ogni giorno.