#Cultura

Comunicare con i meme

Gianluca Vedovato
Gianluca Vedovato
marzo 2021 - 4 minuti

Il termine “meme” viene utilizzato per la prima volta nel 1976 da Richard Dawkins, biologo evolutivo e divulgatore scientifico, che lo definisce come un qualsiasi artefatto culturale condivisibile che si espande rapidamente nella società. Quasi cinquant’anni dopo questo termine fa principalmente riferimento a contenuti grafici, soprattutto video o immagini, condivisi sul web per ironizzare su fenomeni più o meno attuali – dalla politica all’intrattenimento, da eventi sportivi alla vita lavorativa. È quasi impossibile al giorno d’oggi navigare un social media senza trovare un post che contenga un meme. Ma è ancora più difficile credere che i loro antenati risalgano alla prima metà del ‘900.

Questa è un’immagine del 1919, e possiamo definirla il primo meme della storia. Si tratta di una vignetta pubblicata dalla rivista satirica Wisconsin Octopus da giovani studenti dell’Università dell’Iowa. Propone un popolarissimo format conosciuto con il nome “Expectation vs. Reality”, molto in auge nel decennio scorso e ancora molto conosciuto e utilizzato. L’ilarità di questi contenuti è la base della loro diffusione virale e quando riesce a raggiungere tante persone diventa un mezzo eccezionale per far conoscere il proprio brand. Per questo motivo negli ultimi anni si è iniziato a sentire parlare sempre più di meme marketing.

Cos’è il meme marketing?

È una pratica che fa parte del marketing virale, e utilizza mezzi come il passaparola e i social network per raggiungere gli obiettivi di marketing. Usufruisce dell’aiuto degli utenti per promuovere un marchio o un prodotto creando notizie o contenuti accattivanti, coinvolgenti e di rapida diffusione. L’efficacia della comunicazione attraverso i meme si basa su diversi fattori. Questi contenuti accompagnano la vita dell’utente raccontando le esperienze quotidiane e trasformando i tratti essenziali in comicità pura, semplice e soprattutto condivisibile ad ampio spettro. L’interazione con il destinatario al momento giusto, basandosi su un aspetto vulnerabile della sua routine senza però essere invadenti, è la chiave di volta.

Questo è un esempio di contenuto basato sui trend del momento. Nel 2014 Seamless, un’azienda di food delivery americana, ha creato una serie di contenuti raggruppati dall’hashtag #oscarnomnoms usando dei giochi di parole per ricondurre a dei cibi i titoli dei film nominati agli Oscar. L’umorismo di un meme è istantaneo. Infatti ogni format ha il proprio concetto per il quale viene riconosciuto. Mostrare un gatto scontroso, ad esempio, farà sempre ridere di per sé, ma l’aggiunta di un breve testo in grado di staccare il visual dal suo contesto originale creerà un umorismo veloce, universale e facilmente condivisibile.

Inoltre, secondo una ricerca di adweek.com, sui social i video performano 12 volte meglio delle immagini. Quindi utilizzare meme in formato video o gif potrebbe dimostrarsi una tecnica vincente per avvicinarsi meglio all’utente.

Un esempio è quello di Hubspot, che con un video sul proprio profilo Instagram ironizzava sulla difficoltà di trovare i prezzi dei competitor. L’umorismo è la chiave che permette la grande diffusione dei contenuti, creando così anche pubblicità gratuita per il brand. Se il contenuto è ben costruito è facile riuscire a coinvolgere un’ampia parte degli utenti che lo vedono comparire, avendo così la possibilità di diventare virale e rimanere a lungo nelle loro feed. L’utilizzo dei meme quindi porta a un avvicinamento tra brand e consumatori, soprattutto con un target giovane che utilizza lo stesso linguaggio. Si tratta di una strategia non solo a costo zero, ma anche piuttosto semplice da implementare: l’unica cosa fondamentale è essere reattivi e cavalcare l’onda dei trend del momento. È importante inoltre che il contenuto utilizzato permetta alla propria audience di rispecchiarcisi, creando così un’empatia tra brand e consumatore.

Il meme marketing può avere effetti negativi per il proprio brand?

Sì, se non effettuato in maniera corretta. È fondamentale conoscere bene il proprio target per non rischiare di veicolare messaggi che possano far calare la reputazione del marchio. Per esempio utilizzando un linguaggio diverso da quello che l’audience già conosce.

Non sempre infatti il meme marketing è la soluzione ideale per veicolare il messaggio. Un esempio è il caso della FAFSA (Federal College Financial Aid) che ha affrontato il delicato tema dell’indigenza con un meme che ha fatto storcere il naso a molti, obbligando l’azienda alla rimozione del post e alle scuse ufficiali. I meme corrono veloci, come tutto il mondo online. Diventa perciò fondamentale restare al passo coi tempi per non risultare fuori moda o creare contenuti obsoleti.

Con questa pubblicità Pandora suscitò delle polemiche perché ritenuta sessista. E questo fece sì che la pubblicità diventasse un meme utilizzato in maniera goliardica e ripreso poi da altre aziende per promuovere i loro prodotti. Tra quelle più simpatiche le campagne di Ceres e Taffo, due brand che utilizzano molto spesso (se non esclusivamente) i meme nelle proprie campagne marketing.

Anche Gucci, nonostante sia un brand di lusso e comunichi con estrema eleganza, ha utilizzato in passato dei meme nei propri social network. Ecco alcuni esempi:

In conclusione, i meme sono una straordinaria combinazione di input visivi e humour contagiosi che si traducono in divertenti post che possono diventare virali. Saper utilizzare questa forma di comunicazione, tenendo sempre in considerazione il linguaggio del brand e il proprio target, potrebbe rivelarsi un’arma vincente per la propria strategia digitale, creando empatia tra brand e consumatore.